L’AFFONDO
(Breve saggio pseudotemporale su una mia
opera)
Visto che sembra impossibile sottrarsi al potere del Dio”interpretazione” o
meglio alla frase-mantello”cosa vuol dire”, io non parlerò affatto di questo.
Gestirò(se cosi’ si vuol dire)un altro tipo di operazione. Afferrerò un lembo di questo
spazio-oggetto che mi si presenta davanti e scuoterò il difettivo interstizio invisibile
davanti ai vostri occhi.
Il titolo, autorità in incognita, ma a disposizione di tutti, mi scortera’ comunque
dove vogliamo o non vogliamo arrivare.
“Il Viaggio” è l’opera, tra le mie ,delle più sporche.E’ asportato dal cemento torrido
del ponte Nomentano. E’ un contenuto industriale, è anche fratello dei contenuti
naturali, perché cosi’SGRANATO rispetto alle sue origini di compattezza asciutta,
evaporato, scrostato via da un tempo operoso, benché seduto ad ammirare.
Un“non so”.-è importante definire il materiale?
Potrebbe essere l’interno di una mini minor dei tardi ’70, ma vi sobborgano titoli,
di ascendenza cinematografica/pubblicitaria.E’ un cartellone, ma ridotto all’osso.
A una carta geografica strappata in più punti,o addirittura cancellata sino a rivelare
Il bianco sdraiato sul fondo.Ma è stoffa? C’è carta come di giornale, non potrei dirlo.
Non è importante definire il materiale, l’avrete capito. Precaria è anche l’origine
come la destinazione.E’ veramente sporco,sottrarvi un granello di sudicio
equivarrebbe a distruggere quel puzzle colorato, il suo essere irrimediabilmente
stinto,il suo diffondere cromie incerte e mescolate ad un ebano di cui è fin troppo
chiara , stavolta, l’origine.
Allevare questi oggetti implica rigore ,e amore, a profusione, a parte la sorda
pazienza del traghettarli nella propria abitazione sotto gli sguardi di qualche
allibito petit bourgeois?
Cosa NE esce?Andiamo al dunque. Un portauova. Cartocci bianchi compressi
a individuare ballerini, figure silenziose, solo accennate, naturalmente.
Parte di un cordolo,dove sono inseriti gli stessi, a lato del portauova.
Sovrapposti nella parte alta dell’oggetto ,(va appeso in un certo modo)dove
cè un vuoto evidente, uno scrostato via in più-
Un’architettura viaggiante, due caselle-Nulla(non treni)ma case mobili,
nemmeno questo in realta’,sono spazi astratti,unita’-abitazione
suscitate in improbabile contesto assemblativo questo lo sappiamo
(per un junk artist ordinario,e probabile), un trasfigurato dell’ombra
addetta all’uso, quindi King Crimson, ”in the Court..”, che andavano nella
stanza in quel momento, quindi il mio viaggio nello specchio abissale del viaggio
di coloro,che nell’abitazione mobile come bolle sopra infinite praterie, di carta,
caratteri e geometrie astratte a lor volta, simulano i passeggeri di qualunque
esaltato tormento mobile,aereo,treno,ma CHE…
Sono i passeggeri di un’ERA prima o dopo, o DENTRO; forse solo uno spazio da
me fruibile,abitabile in un privato invisibile, MA QUI Si esagera.
Perché è una cosa enorme, più dell’essenza del viaggio e della fantasmagoria più
sfrenata,più. E’ il tempo che scorre senza esser ravvisato dell’estasi viaggiante,
incastonato in una custodia formale rebus, la casa per gatti è il precariato –rebus del
sogno di un materiale che distoglie da qualsiasi discorso sui generi storici del
materiale.
E non è nemmeno questo, è un motto incaricatosi di dare fastidio all’universo o
ad ammaestrarlo. Concluso con un “Ho deciso”. Quasi non mi ricordo, non so,
lasciatemi essere! L’immagine, assonante, gestita da dei occasionali, colleghi
nel vicolino Caso-necessita’, montata in un’idea supremamente, falsamente
architettonica. Mi sto quasi spaventando,innervosendo a dire di piu’. La”cosa”E’?
Può darsi, anche se gli strumenti culturali non sono quelli del filosofo di
Todtnauberg.
Shhh… diciamo E’ cio’ che è.
E’=E’.
Toccare la parte ossuta, anche un po’ dolorante dell’azzurro, può fare un po’ male.
Torno al silenzio da cui venni.
Questo un critico avrebbe potuto, dovuto(?)fare.
SITUAZIONE DELLE ARTI
(breve saggio temporale,microstorico,
micropolitico,sull’arte a Roma)
L’arte non deve essere necessariamente nostra(vostra!)
amica.
Bisogna guardare oltre le forme semplici.
Forme complesse, sono gia’ le opere del nuovo millennio, foto
digitali, videoinstallazioni, costellazioni estreme, anche high tech.
Ma noi vogliamo serbare un contenuto”ASTRALE”delle forme
semplici, che le porti a una complessità”corporea””struggente”(nel
senso del pathos-vedere).
Tra le forme complesse c’è chi fa del buono, chi indugia tra il sugo
delle cotolette e il giornale d’oggi.
Si torna alle forme semplici, si fa un’arte sociale, più violenta
e seducente del vecchio realismo,MA….
Non voglio generalizzare.
Poi ci sono gli artisti”di successo””vecchi” o “che vendono”.
C’è anche chi li pone ad esempio.
Vecchi astrattisti, che hanno cominciato anni fa, e ora sono in auge
in gallerie retro’, e il mercato ha ancora per un po’ in simpatia.
Realta’regionali, appetibili per alta borghesia poco EDOTTA.
Sono coloro che non hanno studiato gli anni 70 e la neoavanguardia
a dovere, o l’hanno scansata perché non RENDE.
Loro fanno la piccola arte.
Non mi riferisco ai poveristi settantenni che espongono al Ponte,
di tutto rispetto.
Del Postmoderno non ho parlato,perché come Eisenman,
lo considero fratello del Kitsch.
Non ci direte che vogliamo ancorarci alle “avanguardie”?
Noi stiamo solo lavorando, vogliamo DARE FASTIDIO, o
DIVERTIRCI ancora un po’.
Bisogna andarsene un po’ da un’altra parte.
C’è chi aveva cominciato bene, ha cavalcato il torrente’80,
del neoespressionismo, ma poi è ricaduto in un’arte troppo facile.
Bisogna guardar oltre, anche restando un po’ ancor qui.
Un”frammezzo “di tutto, ”fra” i vecchioni informalisti che vanno bene
per le gallerie”storiche”(VECCHIE)romane e il diluvio tecnologico,
in certi casi pur rispettabile.
“Tra” i neoespressionisti “l’anti-pittura”(sapete che mi riferisco a G.B.C.)
che è ancora un po’ troppo pittura,e gli esiti totalmente commerciali
di chi era partito bene.
Ci sara’ spazio, spazi marginali.
Ci sara’, andare a vivere altrove.
O restare astronauta di un angolo temporale ben prescritto,
librarsi e rubare olive dalle case dei ricchi.
Tempestarsi nelle balere rock, vernissage in cui balzar via,
guardare in faccia un popolo suggestivo, S.Lorenzo, il Pigneto,
SAPERE, anche li’, l’esilio.
La stessa storia.
Poco ho visto.
Ma c’è di meglio. Non sono pessimista.
Sono un eroe.
ATTINENZE, INFLUENZE, DEFLUENZE
sulla mia permanenza atelier studio E.
Un chiarimento.
1
Subire un’atmosfera non significa necessariamente”prendere”(men che
mai assorbire passivamente)ma soprattutto COSTRUIRSI verso o contro
la stessa. Il Turbinio investe, ma se interrogate l’origine, da dove nasce,
NASCE dal proprio “RETAINING”osmotico.
Stimolo vuole un retaggio-culturale?-d’Ego e di capacita’ reattiva.
2
Come,in un certo senso l’ambiente in cui ci si trova a lavorare condiziona
e-nel mio caso in particolare-può condizionare i materiali-refusi da
utilizzare.Allo Studio E. si era in interazione con legni fradici,
Parti semiarchitettoniche da reperire,di epoca incerta,con materiali
acquistabili da altri,fiutati o trovati.
Nei prati dove lavoravo per la manutenzione giardini era legno,
catrame,plastica.
Per strada, è INDUSTRIAL.
Io non separo “caldo”, legno o “Duro”, industriale, (una distinzio=
ne non raffinata)si accompagnano, si danno la staffetta ,si eludono. Hanno
lo stesso volto, sono natura, sogno , follia,sono antichissimi e futuribili.
E’ stato e puo’ continuare o no, ad essere. Ma al dunque, interi periodi
del mio lavoro sono stati influenzati da dove mi reco,o mi installo
(il nesso è il trovare,ovviamente), non esito a confermarlo, è più
che una PREROGATIVA, è parte integrante del mio lavoro.
Interagisco, il caso o la necessita’ MI INTENSIFICANO.
3
Non sono dell’idea che si debba portare alle estreme, o dubbie
conseguenze, l’idea del marchio ,o cifra di riconoscibilita’-
Indubbiamente c’è, ma non deve vincolare a una reiterazione da vecchi
volponi.Fatelo, a me va di sperimentare variazioni di uno Stesso
auratico,di segno e di Forza. Che usi la scrittura, la carta di giornale o
Il polistirolo, i colori o l’oggetto asportato e li’ conficcato, che varii
finche’ un nemico accanito voglia farsi esattore del marchio miscono=
scendo lo Spirito pionieristico e la continua scoperta, a me non importa.
L’orchestra è quella, che si sposta in nuove sedi, dimore sonore.
Il suono scorticato” dal profondo” o da una improvvida battuta di spirito
resta,per non dir del procedimento. A voi cogitare….
Scrissi”Variazione(impercettibile
ma infinita) ai miei inizi-è percettibile come genius loci, ma l’idea è
dell’artista che scopre e fa scoprire. la serialita’ obbligata è un fatto
economico.
Se poi mi dite che non è arte ma un “fatto culturale”o che questa non è
arte ma una dimostrazione di intenti, aggiungo che il mondo dell’arte
è senz’altro sgradevole per queste insinuazioni, ma so bene che c’è, all’
interno, dell’altro, e non mi occupo, come sarebbe giusto in certi casi,
di togliermi la soddisfazione di ridervi in faccia.
4
Hanno parlato di precarieta’-dei materiali- ma aggiungo, è anche
una mia situazione generale che dal pochissimo(di averi, di sicurezze)
si arrivi alla FORZA. Precarieta’ e Lasciar essere vanno insieme?
Il climax nasce dal raddoppiamento dell’esito spiazzante,non ci avevo
pensato,ma è una dimensione che dallo zero,crea zero.costringe
a quest’asciuttezza di forme, con ricchezza di controcanto, è la natura
anche del mio scrivere, soliti giochi-ma distinti- di pieni e vuoti.Arriva
una botta….
L’oggetto scoppia a ridere…mi spiace per voi…
Non ci vedo ne’ surrealismo(la figura accennata è usata da molti
artisti, certo, a iniziare Arp e Moore) ne’ arte povera, un bricco di
entrambi su uno sfondo vuoto, solo una loro chiacchierata su
alcune”figure” estetiche,
Il nullo e il rifiuto, trapassati oggi in altri sensi, un po’ per molti…
Arte dei detriti,(da Schwittwers)junk Art, c’ e il rifiuto, ma è un
nucleo intensivo(di Altrove)in una forma improbabile, povera,
“monnezzara” ad insistere, ERMETICA, e questo è un po’ diverso,
tanto che a chi mi classifica ho sempre sognato(non ancora fatto)
di rispondere con il mio”NEOTRACCISMO ERMETICO”.
O “ORFISMO del detrito” vi riesce piu’ agile?
L’”ars combinatoria” di Raimondo Lullo,L’invisibile del poco,
e senza “Decadence”.
5
“non mi ha influenzato nessuno”. risposta di De Chirico in un’intervista
di Dacia Maraini. Non amo De Chirico, ma mi pare la frase giusta per
ribattere, a chi va a caccia di tuo padre dove la societa’ ne genera
T roppi abortiti o in ogni caso ci SONO gia’,in opere, Padri, IL PADRE
che l’ha creata,punto. Da far riverberare anche nelle orecchie di certi
librai galleristi che oltre a cercare il pelo nell’uovo cercano anche
Il pugno in faccia. Prima della mia nascita ho conosciuto
qualcuno che mi ha influenzato: costringendomi a non parlare di
influenze.,
Il padre? Un antico istinto di caccia, ma anziche’
ad augelli, forme ed immagini.
A farmi accettare De Chirico, vuol dire CHE SIETE PROPRIO
SIMPATICI.
Estate 2008
sabato 24 gennaio 2009
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