LA POETICA DELL'OGGETTO TECNICO
(titolo detourne di una mostra in corso a
Roma)
La salasso temporis,ovvero l'accidentalita' della sfiga.Sfiga come Dio/Divinita'
insaccata nell'oggetto,da lodare bestemmiandola.Lode=ti odio,e ritualizzo il
mio odio con lo spruzzo verbale. Nell’oggetto tecnico(computer in rotta, telefo=
nino,bici a grande distanza da casa)s’annida il Dio bestemmiabile. S’è rotto… e
si sposa con la calura più inumana…
Una specie di calamita dell’indegno assembla il solitario e gli consente un’allegra
pausa all’istante di massima felicità’? Come farebbe senza un ricordo del
suo Dio da ammazzare? Della divinità sfiga? Un Dio nominale, un bell’orpello,
un rivestimento agile della cosa, che non ha nulla a che fare col Dio. Ma col
puerile corso dell’evento.Ci vedono tutti, ad accanirci con la sfiga. E’ il
concorso entis.E’ inevitabile che un alto abbia un basso. Beh, non esageriamo, non è
inevitabile.E’ un punctum.
Si può essere distratti, .ma è l’oggetto tecnico(si guasta il veicolo)che sceglie
da sé il tempo perfetto per la tregua delle gioie estemporanee(veleggiavi assorto
con brezza,sulle due ruote).
L‘oggetto tecnico è se stesso, naturalmente, ma se la porca temporalita‘(un grumo
di causa-effetto e nostra collosa attribuzione di tedio e insofferenza)va a mollo in
sfiga,non è impossibile sentirsi ripetere nell‘orecchio la frase:”Quando
comincia…”o Non c’è fine al peggio.” .Una situazione romana, .voi dite, con
l’afa a 41 gradi e poche forze in sella.
Ma l’ìra è il controcanto della situazione molle di gleba, di ciò che può
scagliarci davvero in basso, è un‘ira contro-oggetto, o per-oggetto, visto che
quest'ultimo è il tramite anche di buone avventure, se funziona bene.
L‘oggetto funziona/non
funziona è il supporto inevitabile della Ding fausta/infausta. Come sempre, sta a
noi essere pronti.L‘esser pronto ha il suo essere diluito, dilatato. E spesso la
dilatazione va a farsi ferire.
Ma è quella vista sulle altezze, che mai l‘uomo eternamente presente e
aggressivo,sempre pronto alla rivincita anche li dove si susseguono stelle, potra‘
sollecitare,nel suo alloggio minimo.
La struttura è lava incandescente,ma adattata al flusso dei venti.
Puoi essere teso come corda,ma devi anche cedere alla meraviglia.
E anche questo non è detto.La dialettica prassi-ebbrezza include l’oggetto
Tecnico,ma non è roba da persone ammodo,o da proletari molto,troppo pratici.
Non la capiranno.A noi di maledire stretti in una morsa o liberi nell’aria.
Che’ puo’ capitarci di stare nella stretta,ma molto dopo,anche giorni dopo,
sapremo mollare la presa.
IL DITISCO MINIMO
(heat)
appendice dialogica
L’uomo che spegne il ditisco minimo, non è ancora arrivato alla
definizione di fatica. Fatica , comprende l’eseguire, il trovare un nesso
effervescente, di soddisfazione , di autocompiacimento, ma essere
destriero delle tue particolari incombenze, significa accettare anche noia e
anti-stimolo.Ciò in particolare a causa di condizioni estremamente
sfavorevoli QUALI la massa d’aria compatta in estate. Non un giro di vite,
in altre stagioni e condizioni, un flauto per i climi temperati, da cui far
scaturire la melodia del movimento agile.
Fatica, il contraltare del solo ascolto, fruizione/immersione, o anche creazione
non sotto ostacolo.
Ostacolo, ditisco minimo, è anche una definizione di EFFICACIA.
Senza la FORZA, la resistenza, difficilmente si danno le imprese.
Come è indispensabile anche gettare i vestiti, e vagar nudi per casa, o
sfondarsi di musiche.
Fatica è un-essere-in- tempo, e non credo che la fretta sia solo, in negativo,
il dio contemporaneo ,la fretta è anche arrivare a dei risultati nei propri
tempi, non ostacolare gli altri, criticherete o amerete il concetto
di calor bianco, ”dove non c’è cerebro allo stato di calor bianco
non ci può essere sesso,contemplazione,arte”(il tempo assetato)
sembra spurio ,ma c’è anche per le azioni necessarie.collima
col calar di tono, la stanchezza, il desiderio d’evasione.;l’alienazione
talvolta sfiorata-la COMPENDIA. E non sempre e non mai, nel
capofitto brutto, la porta sull’irreperibile è fissa alla parete,
basta spostarsi di li’ a poco…
OTIUM/NEGOTIUM
(appendice storica)
Ci si risolve quindi ancor più in una triade privata.
Tengo aperto ancora il libro “il tempo assetato”,apprestato in un
periodo di grandi spostamenti, ad essi conforme.
Tutto intatto, per carita’, ma l’otium, folle ebbrezza ed esagerazione spazial-
musicale, ha un suo negotium nell’enorme “calor bianco”dell’
azione creativa architettonica(ad esempio nell’allestire una personale,
impresa non da meno delle napoleoniche, nel far quadrare tutto, nell’
orchestrare alla perfezione)-dell’organizzazione si era parlato, ma con uno
STRATO, in misura di quantita’ si tratta, in piu’,la categoria del MASSACRO.
-massacro/massima soddisfazione(i profondi artigiani)
-beghe(negotium con accentuazione di valore)
-la passione folle o sventrante, o mite ,dalle sette code
(otium con l’estro delle ambientazioni plurime e dei cinque ordini)
E,con allegria paonazza,ALLA FACCIA DELLA PSICANALISI
.
SOPRANNOMI
Un soprannome ha un derivato- è scientifico.
E’onomatopeico? No,è ottenuto per crasi, o sfasamento.
Elia Gelena, Nelia Zolpena, Stelvia Merlena, o soprattutto
Flavia Merlena, Elpia.
C’è un raddoppiamento, un’eclissi e un ritorno sull’aia.
Morzoneta, Dorzoni, Porzoni, zhebo mauro fa gabo maubo,
Gianarpo fa Giandrappo,da qui giaippe.
Costruisce un “personaggio”, ma non
è offensivo per chi lo deve indossare, mooolto
temporaneamente, come un abito da fiaba o una maschera
di carnevale, nominale.
Una presa pei fondelli, può apparire al primo supervisore
ortodosso, non proprio- è un erotismo del composto.
C’è anche chi non può indossarne, ma non è la malattia
di chi li deve indossare per forza.
E’ anche un modus di avvicinamento, avvicendamento,
una piccola risata chiusa in un cassetto, il nome,
che tu puoi aprire solo con la chiave magica, il significato
che ti porti nel cuore, che NON ESISTE.
VIA DEI CAPPI
(fenomenologia dello spirito riluttante)
La strada non si comporta male.
Rovescia i suoi ingordi raggi di luce su pareti ocra, arancio, in
una presenza-offerta, Roma colorata,savia d’impatti. Gallerie,poca
ristorazione, RESTAURATORI.
Uno studio di pittore, che lava apparentemente l’aria camuffata di
stantio, di polvere dei secoli, con la sua bocca, poco parlante, impastata
di pajata, coda alla vaccinara, gonfio e maleodorante dialetto della Roma
com’era, Trastevere in testa.
L’equazione sociologica inganna. Vera Roma=genuinità, poesia.
Le anime brulle e violente, Pasolini si adonterebbe(.), ma il nostro
marxismo chiacchierone l’abbiam lasciato sull’appendipanni di un po’ di
case fa, un minimo di colore nello spruzzo di sputo dell’invettiva,dell’
epiteto,che grazia la pancia,e non il cuore.
SPOSTATE dai loro negozi dove mobilio e varie, a itinerare per la via.
Lo studio è la “figura”del malcapitato, che riottoso ma benevolo aliena
Il proprio spirito(si, ci aggrazian le forme del dottor Hegel)in un TROPO
colossale di anormalita’ alla berlina.
Il suo studio conquide gran disordine, il suo costume di stravagante
(solo costume perché non sostenuto da uno sforzo identitario)
lo fa splendido bersaglio, e' la figura della coscienza infelice, il
suo Superamento dialettico accorda infelicità a sua volta perché
massacrato dai plebei, dilaniato da sassaiole, per cosi’ dicendo,che
son poi scherzi malvagi e botte, maldicenza, sindrome collodiana
dello scemo del villaggio come figura-incompiuta, ancora
a bozzetto, d’una più totale anoressia d’orgoglio, a detta:
non-violenza gandhiana.
Per carita’, come coscienza infelice ha anche le sue uova di
Pasqua, reddito la via popolata, può mostrare le opere.
Ma Bautasso, lo spirito non del villaggio, ma della Roma drogata
e truffaldina che attornia Campo de’Fiori, questa divinita’soldi,
sperma e sfotto’, non può perdonare un’anima apparentemente
candida, che si espone quasi con religioso sacrificio di se’ a
spintoni, beffe,e ANZITUTTO all’irrisione del capro espiatorio.
Intendo, emblema anche se non completo, di ciò che il volgo
disinteressato all’arte fa dell’artista. Ma non esageriamo.
La sua arte non merita quest’omaggio. Qualcun altro che lo ha
conosciuto, ha subdorato e reagito, a un destino del genere.
Questa è la figura dello spirito protratto in la’, che si esteriorizza
come autocoscienza solo nel suo uscire di scena.
Ma non vogliamo parlare di questo, il testimone è la figura che
da’ la morte ai lazzi, alle scene,al ventriloquio, è la figura finale,
Dell’annientamento finale.
La scena continua a sussistere in un polveroso non so più, è una
pallida inerenza di un passato ai cassonetti.
Non solo la figura finale, ma alcune figure di perpetrazione, il
delitto irrisolto, il celerino che non ha fatto il suo lavoro, e la
sporcizia continua dove non è stato stato al suo posto.
Parlo di Gillone pubens, la figura dello spirito autoalienantesi
in sperma fetido di se stesso.
Ogni parola è sperma. E sodomia verbale, mentale.
Il volto un po’ scimmiesco, un po’ accellerato da occhi
splendenti.
Il coatto creativo,notti e grande sicumera, non tutto a posto
quanto a verità civica.
Non è solo competizione,è la massima potenza e il massimo
splendore dell’”Io, il Meglio”. Una sicumera a tanti cara, nel
popolo, ma anche dell’ambiente artistico.
Quest’uomo ha una sua fosforescenza, Dostoievskij gli fa
quasi una….
La sua alienazione è l’incarnazione del dolore sublimato e reso
splendente di tutti i coatti romani.
E’ il migliore, ma per questo il più aberrante.
Lo Sperma è come un sole sospeso a mezz’aria sopra di lui,in cui
trasferisce la sua mente e il suo cuore e prende potere per le
migliori azioni.Come nei cartoni animati?
Si,dell’inferno. Nell’inferno di Disney mai vi sarebbe stato posto
per una figura cosi’ titanica.
Si esteriorizza, trova la sua fede, nel capro espiatorio, come
abbiamo gia’ detto. E’il capo di una ciurma irrisolta, di figure piu
piu’tiepide e bonarie, ma irrimediabilmente torpide nello sguardo,
nei pensieri e nelle intenzioni.
Il sole dello sperma, della merda del turpiloquio, gli ispira sempre
una preghiera diretta alla sua città,questa”Sodoma”(dei
sodomizzatori)ma anche “Gomorra”( fino a un
certo punto)Roma “ladrona”mai nel senso di Bossi, ma di un
cuore che batte all’estrema destra dello spirito, nemica della
controcultura,delle avanguardie, del suo strascico nei
neoalternativi cibernetici,
emblema di questa capitale berlusconiana o fascista, cieca allo
spirito libero e alle innovazioni.
La sua figura è lo stadio finale, dell’inimicizia con tutto ciò che è
artistico nel senso più vero.
E’ la figura dell’ignoranza romana, lo spirito appeso ai panni
gocciolanti nel cortile interno.
Gli altri sono irrisorii, memento pubens in ogni caso speculare ma
MAI cosi’ evidente,cosi’ rifulgente.
La figura che da’ la morte,autocoscienza LATITANTE-
Il PITTORE,coscienza infelice destinata ai soldi e alle bastonate,
“cappellarizzata",come vuole Gillone,l’autoalienantesi.
Convivono,ognuno ha il suo stadio estremo,nella separazione,e
nel disgusto di chi non capisce ed ascolta.
Ps.La Roma “democristiana” di Campo de Fiori ha comunque il
suo posto.Si trovano arricchiti,galleristi,buddhisti,cristiani e
delinquenti.
Non c’è spazio(forse?non ho potuto vedere)per figure critiche,
sono fuori dal commercio,dal ben vivere e dal Buddha-Cristo
che immola questo volemose bene necessario alla prosecuzione
del rito dell’arte per TUTTI e per nessuno.
(.)a parte che si è ricreduto
Estate 2008 SEGUE
foto:Angelieri
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento